domenica 27 novembre 2011

Questo Ricco ed Evoluto Nord Est

Una mail di Alfredo Boscarol da l'imput a diverse considerazioni.
Ai cacciatori i commenti.


Non era raro, prima del manifestarsi dell’attuale crisi economica, trovare sulle pagine delle più importanti testate giornalistiche, titoloni inneggianti alle particolari condizioni di agiatezza economica, sociale e culturale, riferite alle zone del Nord – Est in generale e, al Friuli in particolare!! In considerazione del fatto che il crollo produttivo globale, ha colpito il Friuli alla stregua di altre parti del Paese,  che anche in Friuli sono migliaia di anziani che devono necessariamente sopravvivere  con poche centinaia di euro di pensione al mese, che una famiglia su tre non sia in grado di affrontare autonomamente spese impreviste,  che i tassi di disoccupazione giovanile, o che i tempi di attesa per una visita medica specialistica, nella struttura pubblica, siano in Friuli assolutamente  analoghi rispetto ad altre  zone d’Italia  ma soprattutto, che anche qui, la casta politica, di ogni livello e “colore”, in tempi tanto grami, si guardi bene dal rinunciare anche a una parte dei  propri e cospicui privilegi, vien da pensare che, la situazione generale del Nord – Est in generale e del Friuli in particolare, non si discosti più di tanto da quello che è l’andazzo generale che contraddistingue questa Nazione. Ma aldilà della situazione  economica e sociale, delle cui vicende lasciamo ad altri, più esperti, analisi e approfondimenti e che sostanzialmente non sembrano  essere gli indicatori più adatti a giustificare la presunta agiatezza molto spesso sbandierata, ci si chiede:- quali potrebbero essere allora gli aspetti, grazie ai quali il Friuli si porrebbe in una situazione di privilegio rispetto ad altre parti del Paese? Difficile dirlo, non di certo temi come quelli relativi alla gestione del territorio e della fauna, argomenti, che se analizzati attentamente, altroché primeggiare, farebbero addirittura precipitare, questo “ricco ed evoluto Friuli”,  in coda alle relative graduatorie nazionali di merito. In un recente viaggio, si è avuto modo di attraversare per intero e nella stessa giornata,  prima la Val Isarco, poi la Val Pusteria,  la zona del Comelico e quindi parte del Cadore. Delle politiche altoatesine riferite all’ambiente, sembra davvero superfluo parlarne, i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Una bella sorpresa si sono rivelati il Comelico e il Cadore, zone che beneficiando probabilmente di scelte amministrative oculate, sono in grado di fornire al turista, che si trova ad attraversarle, un colpo d’occhio davvero appagante. Di tutt’altro genere l’impressione che si ricava al momento di entrare in Friuli, nell’occasione, attraverso il Passo della Mauria. In pochissimi chilometri il paesaggio cambia completamente. La bellezza dei paesaggi, il senso di ricchezza, procurato da investimenti avveduti, lasciano il posto a un desolante sensazione di degrado e abbandono di un territorio divenuto quasi inospitale, che porta a immaginare una realtà tutt’altro che ricca ed evoluta. Sale netta la sensazione di una politica miope e limitata. Va precisato che le stesse amare sensazioni si possono ricavare, tranne ovviamente rare eccezioni, attraversando l’intero territorio pedemontano e montano regionale. Le pochissime possibilità di trovare una qualche occupazione adeguatamente remunerata, la scarsità di finanziamenti pubblici, inducono i giovani a lasciare le zone di origine provocando lo spopolamento della zona montana, con tutto quello che ne deriva. Le uniche zone collinari che sfuggono alla regola, si possono individuare nel Collio e nei colli Orientali del Friuli, aree famose per la viticoltura, dove gli investimenti pubblici, sono stati in grado di procurare alla politica un immediato e sicuro  ritorno di immagine. Per quanto riguarda la gestione della fauna, riferita in particolare, agli ungulati, capriolo, cervo, camoscio e cinghiale,  sul territorio appena descritto, le cose non vanno sicuramente meglio. Ad un attento esame dei dati disponibili, non ci vuol molto ad accorgersi, che in determinate zone della Regione, a fronte di habitat vocati ed idonei, la fauna, numericamente parlando, non è presente neanche nelle quantità minime auspicabili!! Chiunque, visitando il sito della Regione, può prendere atto della veridicità delle affermazioni qui riportate. Tutto ciò induce a pensare che, nemmeno in materia di corretta gestione faunistico venatoria, questo nostro Friuli non sia poi così “evoluto” come lo si vuole dipingere. Situazione a cui sfuggono ad onor del vero e in virtù di una cultura in materia, di tipo mitteleuropeo le sole aree del Tarvisiano, del Pontebbano e per intero le Province di Trieste, di Gorizia. Ci si chiede: Come mai le politiche amministrative di una Regione ritenuta, (ma da chi??) ricca ed evoluta, si dimostrano così  poco attente, nei confronti di argomenti vitali, come quelli relativi in particolare alla corretta gestione del territorio e di conseguenza, del patrimonio pubblico riferito alla fauna?? Almeno un paio dovrebbero essere le risposte idonee a spiegare il fenomeno. La prima è di carattere culturale: Va infatti tenuto in considerazione che gli Assessori Regionali competenti in materia, delle ultime tre Amministrazioni Regionali, per cui di diverso colore politico, sono stati nell’ordine, un pordenonese, un carnico ed infine un friulano e che l’attuale Presidente  Regionale è a sua volta un carnico!! Per carità tutte persone per altri versi stimabilissime e rispettabilissime, ma culturalmente lontani anni luce da quei principi gestionali di modello mitteleuropeo a cui Paul Palffy si ispirava già nel primo novecento  e che trascorso ormai un secolo, faticano ancor oggi a trovare applicazione in larga parte di questa nostra “evoluta” Regione,!! La seconda è relativa al ritorno d’immagine:  E’ nota a tutti la disaffezione della politica verso argomenti e situazioni ritenuti impopolari per cui dal punto di vista politico, di scarso effetto propagandistico. Va da sé che tra la promozione del “Friulano” inteso come vino e mettere le mani in un ginepraio quale può essere raffigurato il frazionato e rissoso mondo venatorio regionale, nessun politico di ultima generazione, si farebbe cogliere da dubbi in proposito!!! Ora, considerata la preoccupante situazione economico sociale gia descritta; Accertata nel sottosuolo regionale, la totale assenza di materie prime; Vista la scarsa sensibilità degli Amministratori nei confronti della  salvaguardia e alla valorizzazione dell’ambiente e della fauna, sarebbe davvero interessante sapere a quali altre sconosciute e misteriose ricchezze, si è fatto riferimento  nell’inneggiare appunto al “Ricco ed Evoluto Nord - Est”.

                                                                                   Alfredo Boscarol

martedì 25 ottobre 2011

Non tagliamoci i co.......ni per far dispetto a nostra moglie ...

Purtropppo sembra che qualcuno lo faccia e i nostri detrattori se la ridono alla grande!
Dopo gli articoli di cacciatori che sono apparsi ultimamente sul noto quotidiano locale (non capisco a quale pro si scriva ad un quotidiano che ovviamente lascia pubblicata la notizia solo per un giorno ... quindi con una evidente poca diffusione! Infatti questa mia sarà capita solo dai pochi cacciatori che seguono il quotidiano e che hanno letto gli scritti), dedichiamo a chi si diverte ad alimentare astio, conflittualità e disinformazione (ma perchè ci dovremmo nascondere quando passano altre persone nel bosco?? Non siamo mica delinquenti!!!) nel mondo venatorio, due segnalazioni che ci sono pervenute.
L'invito, che ci sentiamo di fare a questi cacciatori poco attenti, è di scegliere e focalizzare meglio gli obiettivi da "combattere" e a "remare" inn sintonia con il resto del mondo venatorio che si dà da fare a costruire, nell'opinione pubblica, un'immagine della caccia positiva e sostenibile.

Orgogliosi di Essere Cacciatori

Antonio Beuzer


Prima segnalazione:

Vi invio quanto ricevuto da un'associazione di volontariato cinofila:
http://www.firmiamo.it/aboliamo-finalmente-la-caccia
Datene ampia diffusione perchè 'sta roba gira in rete già da un mese circa.
Cordialità
Walter F.


Seconda segnalazione:

Attentato degli animalisti: moltov lanciata contro stazione del McDonald's a Pordenone

07 Ottobre 2011
 
«Stermina animali», attentato dell'Alf: molotov contro il McDonald's

Blitz dell'Animal Liberation Front il 2 ottobre in viale Venezia rivendicato su internet: diffuso anche un filmato su Youtube

PORDENONE - L’Alf (Animal Liberation Front) riappare sulla scena pordenonese con un attentato incendiario contro il McDonald’s di viale Venezia. L’"attacco", come lo definiscono gli stessi animalisti, risale alla notte del 2 ottobre. L’incendio divampato all’altezza del McDrive, dove si ordinano i panini dall’auto, aveva insospettito la polizia, ma all’azione non era seguita alcuna rivendicazione. Ieri la conferma. Su internet è apparso un comunicato anonimo ricevuto da "Bite Back Magazine", in cui Liberazione Animale rimanda a un link su Youtube che mostra l’azione ripresa con un telefonino.

In 37 secondi si mostra per intero l’edificio in cui si trova McDonald’s sulla Pontebbana, poi l’obiettivo inquadra una persona vestita di nero, travisata con passamontagna, che dà fuoco alla postazione del McDrive. Non è chiaro se getti a terra una bottiglietta incendiaria, del tipo molotov. Dall’audio si percepisce soltanto una modesto fragore, non è chiaro se sia dovuto a un’esplosione o al divampare delle fiamme, che da terra si propagano velocemente lungo il muro. Chi appicca il fuoco o getta qualcosa per terra, agisce e si allontana con rapidità.

Sul "sabotaggio" indagano polizia e carabinieri. L’episodio era stato configurato come un danneggiamento e come tale era stato segnalato alla Procura. La rivendicazione pone l’incendio sotto un’altra ottica. «La notte del 2 ottobre 2011, intorno alle 2 - scrivono gli animalisti - abbiamo incendiato parte di una colonna del McDonald’s a Pordenone, in Italia, e danneggiato le postazioni per l’ordine del McDrive... Abbiamo deciso di colpire il McDonald’s perchè questa lobby è complice di sterminio di animali e quindi è un obiettivo tenuto di mira... Alf».

L’azione potrebbe essere collegata con altri incendi simili, sempre ai danni della catena americana, ma avvenuti in altre zone d’Italia con le stesse modalità. A Pordenone, come in provincia di Udine (su Youtube per errore si fa riferimento al capoluogo friulano), l’Alf ha sempre avuto dei punti di riferimento. Anche se l’incendio non ha creato gravi danneggiamenti, l’attenzione da parte della forze dell’ordine è altissima. È proprio con una serie di incendi e sabotaggi che nel 2006, a cavallo tra le provincia di Pordenone e Udine, il Gruppo giustizia animale aveva cominciato la sua attività, culminata con l’incendio di quattro furgoni-frigo in un salumificio di Flagogna (175 mila euro di danno). Cinque anni fa i raid si chiusero con l’arresto del leader storico di Alf, Roberto Duria, e dei suoi presunti complici."

Fonte (http://www.gazzettino.it/)
Autore: Cristina Antonutti

Notizia ricavata dalla newsletter di Federfauna, tratta a sua volta da il gazzettino, in cui si parla di "una bella iniziativa" per l'ambiente dei nostri detrattori ambientalisti.

Luigi V.

martedì 20 settembre 2011

Chiudere la caccia - Un altro autogoal per i cacciatori?

In riferimento alla  lettera pubblicata sul Messaggero Veneto del 13 settembre u.s., apriamo un filo sull'argomento.
(chiediamo al sig. in questione che ci invii la sua lettera inviata al Messaggero -ma perchè non l'ha inviata anche a noi?-  in modo da dare una completa informazione).
La redazione.


Chiedo ospitalità per esprimere alcune considerazioni in merito alla lettera pubblicata il 13 settembre con la quale il sig. Stefano Peressini propone la chiusura della caccia al fagiano per mancanza di nascite autoctone. Una premessa: la caccia è una passione e come tale è una espressione di vita. Sono contrario, per principio, ad impedire l’esercizio di una passione e quindi a limitare la libertà di una persona e sono particolarmente critico nei confronti di quei cacciatori che propongono limiti all’attività venatoria di altri cacciatori solo in base ad una idea o peggio ad un pregiudizio. Ciò detto non posso che concordare con il sig. Peressini sul fatto che tutti, ed in particolare noi cacciatori, dobbiamo perseguire l’obiettivo della tutela della fauna.

Come?  Non certamente con le fantasiose proposte del sig. Peressini che invoca addirittura la costituzione di un “Comitato di censimento”  per ogni riserva di caccia ma semplicemente applicando la legge. Infatti la legge 157/92 che indirizza l’attività delle Regioni in materia di protezione della fauna e di prelievo venatorio, stabilisce che le Regioni stesse si dotino di un Piano faunistico - venatorio per la pianificazione generale del territorio agro – silvo –pastorale finalizzata (per quanto riguarda fagiano e lepre) al conseguimento della densità ottimale, alla sua conservazione ed alla regolamentazione del prelievo venatorio.  L’art. 8 della lr. 6/08 (Programmazione faunistica e esercizio dell’attività venatoria) ha stabilito gli obiettivi, le azioni, le procedure di adozione e di aggiornamento del Piano faunistico regionale. Con delibera n.1264 del26 giugno 2008 la Giunta regionale ha adottato, la proposta di Piano faunistico. Quale la novità più importante  introdotta da questo strumento di pianificazione faunistica e venatoria? La determinazione della produttività faunistica di ogni riserva di caccia attraverso una puntuale lettura del territorio e la individuazione delle aree a diversa vocazione produttiva. Per ogni Riserva di caccia è stata determinata la capacità faunistica di ogni specie cacciabile ed il prelievo sostenibile con l’attività venatoria. Il censimento, attuato dalle Riserve e quindi da tutti i cacciatori della Regione, non è più l’unico strumento per determinare il piano di abbattimento  ma un mezzo per verificare un risultato gestionale. La produttività faunistica di un territorio determina quindi il numero dei cacciatori e i carnieri individuali. Questo importante lavoro, da tutti riconosciuto come il più avanzato documento tecnico – scientifico di gestione venatoria a livello nazionale, è stato predisposto dalla Amministrazione regionale in collaborazione con i Distretti venatori e con le Riserve di caccia. Tutti i cacciatori sono stati chiamati a dare il loro contributo per una corretta lettura del territorio e quindi per la tutela della fauna.  Il punto è che il PFR adottato nel 2008, non è operante perché la Regione non lo ha  mai approvato. I Distretti venatori e le Riserve di caccia non possono inoltre utilizzare un altro fondamentale strumento di gestione previsto dall’art. 13 della l.r. 6/08 (Piano Venatorio Distrettuale-PVD) che attua la programmazione venatoria su ciascun Distretto e Riserva di caccia.  Con questo strumento la Riserva di caccia del sig. Peressini dovrebbe individuare i suoi obiettivi di gestione venatoria e, nel caso in cui una specie cacciabile risultasse numericamente inferiore alla capacità faunistica determinata con il PFR, il prelievo andrebbe rimodulato o addirittura sospeso,  per una o più stagioni venatorie.

Ritengo che solo nell’ambito di  un contesto tecnico – scientifico accettato e condiviso e di una pianificazione venatoria nella quale il cacciatore sia chiamato ad attuare direttamente la tutela della fauna del suo territorio, potremo pretendere che sia lui stesso a ridurre o rinunciare al prelievo.

Al di fuori di questo contesto gestionale, supportato da uno strumento tecnico – scientifico, le nostre posizioni , pur legittime, appariranno sempre improntate da pressappochismo tecnico o partigianeria.

Concludo ricordando che fino a quando noi cacciatori continueremo a comportarci come i famosi polli di Renzo che si beccano mentre vanno incontro al loro destino e fino a quando continueremo a vivere delle nostre beghe di cortile (selezione/tradizionale, pronta caccia/selvaggina naturale ecc.) perderemo di vista il vero obiettivo della nostra azione che dovrebbe essere quello di rafforzare il ruolo pubblico del mondo venatorio nella gestione della fauna.

Invito pertanto il sig. Peressini ad unirsi ai tanti cacciatori e dirigenti venatori della Regione che chiedono alla politica di fare ciò che deve: applicare immediatamente le norme previste  dalla l.r. 6/08 per tutelare, oltre che la fauna, anche il mondo venatorio.

                                                                  Vittorino Dorotea

Direttore della Riserva di caccia di

                                                                          Tolmezzo

martedì 2 agosto 2011

Uno sguardo alla politica - LEGA-CACCIA binomio perfetto

Personalmente ritengo che Danilo Narduzzi, capogruppo in Consiglio regionale della Lega Nord, resti il migliore tra gli Assessori regionali leghisti della caccia e dell’agricoltura. Nel  suo mandato è stato sicuramente  più equilibrato e rispettoso del ruolo istituzionale rispetto al vulcanico  Zoppolato mentre al confronto con il settario e grezzo Violino appare  un gentiluomo alle prese con un piccolo bringantello tagliaborse.
Da assessore alla caccia, Narduzzi ebbe il coraggio di liberarsi dal pesante ed interessato condizionamento esercitato dal gruppo “interventista” del Circolo friulano della caccia che pretendeva di imporre la militarizzazione della gestione faunistico venatoria sulla base di una personale ed utilitaristica interpretazione della famigerata l.r. 30/99. Narduzzi riuscì a garantire una legittima ed efficace gestione pubblica del settore venatorio affermando il principio che la Regione tutela la fauna e non i cacciatori.

Anche lui tuttavia commise  un grave errore politico proponendo una legge che liberalizzava il prelievo di lumache e rane e che, in base ad una errata interpretazione della direttiva comunitaria, pretendeva di mascherare l’esercizio venatorio su specie protette spacciandolo per prelievo in deroga.

La conseguenza è stata una pesante procedura di infrazione comunitaria contro la Regione risolta solo nel 2007.

Si poteva pensare che Narduzzi avesse fatto tesoro di quell’errore politico ma confermando il principio che “errare è umano e perseverare è diabolico” vediamo che il nostro  eroe non si arrende ma anzi rilancia.

Questa volta però non si accontenta di peppole, fringuelli, lumache e rane stavolta ha messo nel mirino (dei cacciatori) oltre a colombi tortore e nutrie anche i cani e i gatti.

Consiglierei al riguardo una meditata lettura degli articoli 1, 2 e 18 della legge 157/92 che, per le parti che disciplinano la tutela della fauna, vincola anche la potestà legislativa delle Regioni a statuto speciale. Suggerirei inoltre un preliminare confronto con l’on. Michela Vittoria Branbilla che, oltre ad essere convinta ed attiva animalista  anticaccia, è anche il Ministro per il turismo nell’attuale Governo nazionale che, se non mi sfugge qualche ultimo dettaglio, è partecipato dalla Lega Nord.

Penso pertanto che l’ambizione del capogruppo LN di fare cassa politica (leggasi voti) a spese della fauna selvatica (patrimonio pubblico) sia destinata a fallire.

Se poi Narduzzi volesse veramente riequilibrare i sacrifici fatti dai cacciatori potrebbe far applicare da subito le norme della l.r. 6/08 che si propongono di affermare il ruolo del mondo venatorio nella gestione della fauna attraverso i Piani venatori distrettuali e realizzare l’obiettivo, per ora impedito, di affidare all’associazionismo venatorio la totale responsabilità della gestione venatoria intesa come “insieme delle attività necessarie per l’attuazione di un prelievo venatorio programmato e funzionale a conseguire gli obiettivi del PFR”.

Da uomo delle istituzioni qual’è, nonostante l’immagine che deve vendere, Narduzzi dovrebbe lasciare che le Riserve e i  Distretti si eleggano i loro Direttori ed i loro Presidenti nella piena autonomia riservata ad associazioni private mentre dovrebbe impegnarsi a far applicare le norme in vigore ( anche il Re è soggetto alle leggi).

Prima di fare questo però dovrebbe ricacciare i mercanti (sono sempre quelli del 2002) rientrati nel tempio (segreteria di Violino).

Non so se Narduzzi vorrà tener conto di queste banali consigli ma su due cose deve riflettere:

  • mancano 18 mesi alle elezioni;
  • bisogna fare tesoro degli insuccessi
Manfe' Lucio

lunedì 18 luglio 2011

…non vin di fa i fameis dai ciaciadors di Taipane…

...Non dobbiamo mica fare i domestici dei cacciatori di Taipana ...


era questo il motto di uno dei tanti “commissari” nominati dalla Regione per la gestione della Riserva di caccia di Taipana in applicazione del famigerato comma 6 dell’art. 40 della abrogata l.r. 30/99 che imponeva la gestione pubblica delle Riserve di caccia…”in caso di mancato funzionamento..”

Quel motto era ispirato da un fondamentale principio giuridico: la Regione, in applicazione delle norme comunitarie, statali e regionali, deve tutelare la fauna in quanto  patrimonio pubblico e non già i cacciatori . Infatti  …se no si spare le bestis a stan ce tant ben…argomentava giustamente il commissario.  La funzione pubblica pertanto si occupava degli adempimenti fondamentali della gestione venatoria (censimenti, consuntive, piani di abbattimento, regolamento interno) e solo quando la gestione stessa fosse garantita si poteva dar corso, con le opportune cautele, all’attività venatoria.

Il punto è che …il mancato funzionamento…della Riserva di caccia di Taipana ed il conseguente commissariamento, è sempre derivato dal mancato funzionamento dei suoi organi associativi. Ricordiamo infatti, nel tempo, la non approvazione del bilancio consuntivo,  la decadenza del direttore, la mancata adozione di atti fondamentali quali censimenti e piani di abbattimento, la bocciatura assembleare del regolamento di fruizione venatoria proposto dal direttore.

Le funzioni sostitutorie esercitate da Servizio regionale erano conseguenza pertanto delle contrapposizioni tra  gruppi di soci della Riserva che pensavano di imporre le loro scelte attraverso il commissario piuttosto che attraverso  i leggitimi organi della Associazione (Assemblea, direttore, consiglio direttivo).  L’utilizzo della Regione per un interesse personale o di gruppo era uno schema caro a molti “padri” della l.r. 30/99 che ha, di conseguenza, determinato anche  imputazioni penali di abuso od omissione a carico dei responsabili del Servizio regionale.

Finalmente la l.r. 6/08 ha eliminato la funzione sostitutoria della Regione affidando tutte le competenze inerenti l’esercizio venatorio all’associazionismo venatorio. Le eventuali controversie tra cacciatori devono pertanto trovare la loro definizione all’interno della Riserva o in un ambito associativo più ampio.  Pertanto non più commissari (o fameis) quali arbitri delle baruffe interne della Riserva.  Anche in assenza di un livello associativo sovra riservistico la norma affida alla Amministrazione regionale strumenti potentissimi per garantire la funzionalità del sistema.  Basti pensare che la Regione affida il territorio a patto che lo Statuto della Associazione riserva di caccia garantisca la funzionalità della stessa. La semplice previsione statutaria della immediata decadenza del direttore in caso di mancata approvazione assembleare di atti contabili o del regolamento di fruizione e la previsione di un automatismo nella convocazione dell’Assemblea anche in una situazione di inerzia o di assenza/impedimento del Direttore consentirebbe il funzionamento delle associazioni in qualsiasi caso e circostanza.  La semplice adozione di una condizione minima di  uniformità statutaria  avrebbe quindi risolto per sempre i problemi della Associazione riserva di caccia di Taipana con buona pace dei soci contendenti.

Chi abbia la disponibilità e la voglia di leggere la delibera della Giunta regionale n. 1158 del 17 giugno 2011 si accorgerà invece che è la nostra regione, attraverso il più alto dei suoi organi esecutivi, a essersi ridotta al rango di “famei” di quel piccolo gruppo di cacciatori che, da lungo tempo, aspira a gestirsi in esclusiva il Gran Monte.  Come giudicare diversamente dal mero atto servile una affermazione come quella contenuta nelle premesse della delibera a giustificazione dello smembramento della Riserva di caccia di Taipana…ritenuto necessario porre le basi per una gestione efficiente e duratura dei rilevanti interessi pubblici affidati agli organismi venatori…ed ancora….ritenuto di individuare due istituti gestionali…tenuto conto delle tipologie di caccia…individuando una ripartizione territoriale funzionale ad una migliore gestione faunistica e venatoria del territorio…

Si tratta di un atto devastante che oltre a svilire il ruolo della Regione e compromettere l’autonomia dell’associazionismo venatorio, nega il principio che su ogni territorio possa essere praticata ogni forma di caccia e che solo in forza dei vincoli associativi assunti volontariamente dai cacciatori associati e delle norme in materia vengano affrontate e risolte le eventuali controversie che possono nascere.

Quanti casi  analoghi scopriremo adesso in Regione e quante controversie pretenderanno di essere risolte con il metodo Taipana?



……forse però mi sono dimenticato di considerare il fatto che Taipana è un caso particolare. E’ una riserva di caccia tipicamente ( nome di partito - parola tolta dal moderatore in quanto si esplicita l'appartenenza politica)…  Ce ne sono altre?...

sabato 9 luglio 2011

Canai, Cagnari, Canettieri, Caccia e Cacciatori

Molti pensano che i peggiori nemici della caccia siano gli animalisti io, invece, sono dell’avviso che in fatto di autolesionismo nessuno riesca a superare i cacciatori. Ed è presto detto perché. Come tutti sanno i soci delle varie riserve di caccia adottano i loro regolamenti, questi poi devono sottostare all’approvazione dei rispettivi distretti di appartenenza. Ed è qui che vengono perpetrate tutta una serie di ingerenze e di ingiustizie nei confronti di chi vorrebbe semplicemente condividere la propria passione con gli amici o addirittura di voler avvicinare i propri figli o parenti a quello che essi considerano un sano passatempo domenicale o comunque una passione che li aiuta a crescere lontano dai pericoli. In questo senso, il caso più eclatante è rappresentato dal distretto venatorio n. 1 Tarvisiano i cui componenti sono notoriamente contrari all’uso del cane da seguita nella caccia agli ungulati fino al punto di aver imposto una regola assurda per far si che nessuno, al di fuori dei soci, possa condurre i segugi durante la caccia. Per chi non lo sapesse, la caccia alla seguita viene svolta dai postaioli che sono i cacciatori piazzati nei punti di passaggio degli animali e dai canettieri che soni i conduttori dei cani. In quella che noi comunemente definiamo “battuta di caccia” queste due figure ricoprono ruoli indispensabili e complementari. Dato per scontato che il cacciatore ha il compito di prelevare il selvatico, il canettiere è colui che porta i cani sulle tracce degli animali e poi li scioglie incitando la “canizza” per spingere la selvaggina verso le poste. Il più delle volte questo ruolo è prerogativa del figlio di qualche cacciatore o di altri giovanotti che vogliono avvicinarsi al mondo della caccia. Altre volte viene svolto da simpatizzanti e appassionati che amano in particolare l’aspetto cinegenetico dell’attività venatoria. Sta di fatto che l’attività del canettiere è propedeutica a far si che, dopo aver acquisito i principi basilari su cui si fonda la caccia, il neofita decida di conseguire l’abilitazione necessaria per poter ottenere la licenza di caccia vera e propria. Ma se nel distretto Tarvisiano i “benpensanti” si sono inventati regole assurde per impedire ai giovani e agli appassionati di avvicinarsi alla caccia e di conoscerla e sperimentarla, come possiamo pensare così facendo di favorire il ricambio generazionale e l’inserimento di nuove leve tra i cacciatori? In un certo senso a questa domanda ho già risposto all’inizio. Io penso che tra i reggenti dei cacciatori vi siano alcuni dirigenti di vedute molto ristrette e questa scarsa lungimiranza abbia origine da forme di gelosia venatoria che a volte rasenta la patologia. Non si spiega altrimenti l'alta conflittualità presente nel mondo venatorio della nostra regione che considero la causa principale della scarsa attenzione che i giovani rivolgono alla caccia, contrariamente a quanto accade in tutto il resto d'Italia.
Federico

mercoledì 22 giugno 2011

Legge Regionale 6 marzo 2008.

Riflessioni di Enzo Marsilio sulle conseguenze di una sua mancata applicazione nella lettera del 20 giugno, indirizzata  a Renzo Tondo, Andrea Garlatti e Daniele Bertuzzi.


Egregio Presidente

            Ad oltre tre anni dalla entrata in vigore della  legge regionale 6 marzo 2008 n. 6 “Disposizioni per la programmazione faunistica e per l’esercizio dell’attività venatoria” che ha riformato la normativa regionale in materia di gestione e di attività venatoria, ritengo utile proporLe una riflessione sul suo stato di attuazione.

E’necessario ricordare preliminarmente che la riforma nasce dalla esperienza maturata in oltre un quinquennio di applicazione della l. r. 30/99 e  che si propone di superare i tanti e pesanti problemi gestionali legati alla  applicazione di questa norma ridefinendo le competenze della Amministrazione regionale e degli altri soggetti chiamati a gestire la complessiva attività faunistico-venatoria nella Regione Friuli Venezia Giulia.

Gli obiettivi  perseguiti dalla  l.r. 6/08  sono riconducibili, essenzialmente, a tre punti:

1-      attribuire alla Regione una competenza decisionale in materia di gestione venatoria al fine di garantire il corretto utilizzo della fauna quale patrimonio pubblico;

2-      semplificare le procedure introdotte dalla l.r. 30/99 rafforzando l’efficacia e l’efficienza della azione amministrativa;

3-      attuare un effettivo trasferimento di competenze  al mondo venatorio sia in materia di gestione che di esercizio venatorio.
           

            Nel merito dei singoli punti:
 

- competenze - alla Regione viene attribuita la competenza attiva nella gestione venatoria attraverso l’adozione del Piano Venatorio Distrettuale, atto di programmazione venatoria che attua, su ciascun Distretto venatorio, gli indirizzi del Piano Faunistico Regionale. Il piano,  proposto dal Distretto venatorio e  adottato dalla Giunta regionale, ha durata quinquennale e individua, tra l’altro, il prelievo di fauna concesso al Distretto stesso e alle Riserve di caccia che lo compongono. Si rafforza così il ruolo delle Riserve di caccia e dei Distretti venatori che  chiamati a proporre ad attuare la gestione venatoria sul loro territorio.

- semplificazione - con il Piano Venatorio Distrettuale si eliminano una massa di atti ripetitivi e spesso inutili imposti dalla vecchia normativa alle Riserve e ai Distretti. Censimenti e piani di abbattimento vengono ricompresi nel Piano Distrettuale pluriennale che contiene anche le parti pubblicistiche del Regolamento della Riserva. Si realizza in tal modo una grande semplificazione di tutto il sistema sgravando i Direttori di Riserva e i Distretti di una pesante serie di incombenze burocratiche e cartacee. Si supera inoltre l’ istituto obsoleto e poco efficace del controllo preventivo sugli atti dei Distretti - inefficace  e spesso inutile controllo preventivo su migliaia di atti adottati dalle Riserve di caccia - con la verifica del risultato di gestione rispetto al solo Piano Venatorio Distrettuale recuperando risorse utili per attività di amministrazione attiva.

- trasferimento di competenze al mondo venatorio - la precedente normativa individuava la Regione quale soggetto deputato ad attuare in via quasi esclusiva tutte le funzioni inerenti l’esercizio o fruizione venatoria. La Regione era il riferimento per tutte le attività che consentivano ad un singolo cacciatore di effettuare un prelievo venatorio nell’ambito della gestione programmata e nel rispetto delle norme statali e regionali. In particolare la Regione era chiamata a svolgere le competenze in materia di gestione delle attività connesse alla iscrizione dei cacciatori nelle Riserve, alla approvazione dei Regolamenti di fruizione venatoria delle Riserve stesse, alla gestione dell’attività disciplinare, alle funzioni sostitutorie nei casi di mancato funzionamento delle Riserve. Si tratta di funzioni non  correlate alla gestione della fauna e quindi alla funzione pubblicistica della sua tutela bensì ad aspetti di natura organizzativa e gestionale del mondo venatorio e delle sue organizzazioni.  La l.r. 6/08  affida  al mondo venatorio, inteso come soggetto che ricomprende tutti i cacciatori della regione, le competenze in materia di esercizio venatorio  tra le quali ricordiamo l’ammissione ed il trasferimento dei cacciatori alle Riserve di caccia e la gestione diretta della attività venatoria

La riforma introdotta con la l.r. 6/08 ha individuato il mondo venatorio, attraverso il sistema associativo storicamente riconosciuto delle Riserve di caccia, quale soggetto, assieme alla Regione,  della gestione del patrimonio pubblico fauna  e gli  ha attribuito le funzioni attinenti alla organizzazione dell’esercizio e della fruizione venatoria  nell’ambito di un quadro di tutela  garantito attivamente dall’Ente pubblico regionale.
 

            Quale lo stato della reale attuazione  della legge di riforma?


Competenze gestionali della Regione: nessuna funzione  di gestione attiva della fauna è stata assunta dalla Regione. E’stata abbandonata la procedura per dotarsi del Piano Faunistico Regionale che nel 2008 aveva visto la sua adozione provvisoria da parte della Giunta regionale. La Regione ha disatteso le norme inerenti l’adozione dei Piani venatori distrettuali omettendo di adottare  gli indirizzi generali e i criteri per la predisposizione del PVD e per l'attuazione dei prelievi di fauna previsti dal medesimo.  Il prelievo venatorio del patrimonio pubblico fauna non viene attuato in regime di gestione programmata, così come stabilito dalla L.157/92, ma in base a indirizzi operativi che non  garantiscono obiettivi faunistici, criteri operativi e limiti.  La Regione stà operando in spregio ai principi stabiliti dalla sovraordinata normativa nazionale e l’Amministrazione regionale disattende  i principi sanciti dall’ordinamento regionale stesso. Può dirmi, signor Presidente,  se la scelta di non approvare la delibera con gli indirizzi e i criteri per la predisposizione dei PVD sia della Giunta regionale o sia una omissione attribuibile agli Uffici regionali.  A chi dovremo chiedere conto di questo voluto spreco di risorse pubbliche?

Semplificazione: il comportamento omissivo della Amministrazione regionale riguardo all’adozione dei PVD viene pagato a caro prezzo dal mondo venatorio e dalla Regione. Servendosi della norma transitoria (comma 11, art. 40) l’Amministrazione costringe le Riserve e i Distretti ad adottare e ratificare Piani di abbattimento e relazioni consuntive che passano alla approvazione della Amministrazione regionale stessa ai sensi della abrogata l.r. 30/99. Oltre all’assurdo giuridico di una norma attiva che volutamente viene disapplicata e di una abrogata che viene artificiosamente tenuta in vita (un raro esempio di accanimento  terapeutico normativo) è a tutti evidente il costo economico di questa situazione.  Centinaia di atti soggetti al controllo dell’Amministrazione regionale con conseguente  impegno di personale e  costi. Come si concilia questa situazione con la politica di rigore e di razionalizzazione della spesa per il personale perseguita (a parole) da Lei, Presidente Tondo, e dal suo Assessore Garlatti?

Trasferimento di competenze al mondo venatorio:  in sede di approvazione della legge 6/2008 avevamo quantificato i vantaggi derivanti alla  Amministrazione regionale dal trasferimento delle competenze inerenti l’esercizio venatorio. Si trattava allora  di 3.714  atti, riferiti a:

decadenze per mancato ritiro tesserino e decadenze per mancato pagamento della quota associativa,  istruttoria domande di assegnazione/trasferimento, decreti approvazione graduatorie,  provvedimenti di assegnazione e trasferimento, invio scadenziari ai Direttori delle Riserve di caccia. A tale attività andavano aggiunti l’aggiornamento della banca dati cacciatori ed i servizi di sportello. Salvo un fisiologico adeguamento dovuto alla diminuzione del numero dei cacciatori regionali queste attività e questi numeri continuano a gravare sulla Amministrazione regionale.

Come si concilia questa inerzia con i principi sostenuti dall’Assessore Garlatti in tema di sussidiarietà e  di reversibilità della spesa  pubblica (riduzione  di spesa fissa per personale) se continuiamo a mantenere in capo alla Amministrazione regionale funzioni non pubbliche e tipiche di un qualsiasi sistema associativo privato?

E’evidente che ci troviamo in presenza di una  riforma tradita e ci chiediamo perché non venga attuata.

L’obiettivo della riforma è quello di attribuire una competenza gestionale al mondo venatorio attraverso la proposta di PVD e la sua attuazione. Il mondo venatorio diventa pertanto un soggetto della pianificazione faunistico – venatoria e della gestione. Sotto il controllo della Regione partecipa pertanto ad una attività pubblica che riguarda la tutela e la gestione del patrimonio faunistico. Un salto di qualità importante che, nel principio costituzionale della sussidiarietà, chiama il privato a partecipare alla attività pubblica. Il cacciatore non è più solo colui che preleva la fauna in base alle regole stabilite dall’Ente pubblico ma colui che, con la Regione, pianifica la risorsa faunistica e la gestisce (anche con il prelievo) per raggiungere determinati obiettivi.  Una crescita di responsabilità che passa indubbiamente attraverso una crescita culturale del mondo venatorio legata al principio: competenza/responsabilità.



            Chi è il vero nemico di questa riforma?



E’ quella parte del mondo venatorio che si ritiene elitaria ed è solo e sicuramente minoritaria che, partendo dal presupposto che i cacciatori (esclusi loro) sono incapaci di gestire e pertanto vanno solo guidati e controllati, pretendono, attraverso l’interventismo pubblico, di gestire l’attività venatoria in Regione.

Questo gruppo di cacciatori che, con la l.r. 30/99 ha contribuito a svuotare il mondo venatorio delle competenze che una politica illuminata gli aveva già attribuito con la l.r. 13/69,  tenta oggi di bloccare l’applicazione della l.r. 6/08 attraverso la complicità di una politica conservatrice e compiacente imposta da un partito di maggioranza.

Questa parte del mondo venatorio, con la complicità di un ambientalismo miope, non ha esitato a sacrificare situazioni acquisite e consolidate (vedasi Zona Faunistica delle Alpi) pur di impedire che l’intero mondo venatorio della Regione, attraverso un percorso di compiuta democrazia elettiva, acquisisse titolo e ruolo per gestire in via esclusiva tutte le competenze in materia di esercizio venatorio che l’art. 20 della l.r. 6/08 gli ha attribuito. 

Si tratta tuttavia di  un incidente di percorso, derivato anche dalla difficoltà di far comprendere le ragioni della norma,  che non inficia però la valenza dell’obiettivo e la validità del progetto.  Va solo individuato un meccanismo che contemperando la situazione storica dell’associazionismo venatorio regionale, persegua l’obiettivo di affidare al mondo venatorio le funzioni tipiche dell’associazionismo stesso e attraverso la verifica della compatibilità con le norme nazionali di indirizzo in materia di tutela della fauna e prelievo venatorio consenta un percorso normativo senza rischi di legittimità costituzionale.

Sono convinto che Lei non conosca i rischi ed i costi che la mancata applicazione della L.R. 6/08 comporti, ma credo, e mi auguro, si attivi per farsi fare un quadro reale della situazione.

            Nel restare a Sua disposizione per qualsiasi chiarimento ulteriore porgo i migliori saluti.

                                                                                  Enzo Marsilio

martedì 3 maggio 2011

Diritti dei Verdi e diritti dell'UOMO - La Caccia nelle Scuole - Caccia = Violenza

Testo tratto da www.cittàdellaspezia.com
Val di Magra - Val di Vara. “La notizia che arriva da Rocchetta Vara, di introdurre nelle scuole l’educazione alla caccia, ci lascia veramente senza parole – dichiara la responsabile dei Diritti dei Verdi, Cristina Morelli -. Non pensavamo che un sindaco potesse arrivare a tanto. Pensare che solo perché a Rocchetta Vara in ogni famiglia esiste un cacciatore, questo può permettere di insegnare la caccia come il rispetto delle tradizioni, è come dire che in quei territori dove la mafia è purtroppo ben radicata, in ogni famiglia “potrebbe esistere” un mafioso e quindi facciamo educazione a diventare mafiosi, nel rispetto delle “migliori” tradizioni".

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Ovviamente il paragone è forte – continua la Morelli - ma quest’idea di inserire nel programma educativo delle scuole, la caccia, arrivata dal sindaco di Rocchetta Vara Riccardo Barotti, forse in cerca di una popolarità, non trovata in altri modi, è veramente orrida. La scuola dovrebbe essere un posto dove si insegna l’educazione alla vita, al rispetto, alla non violenza, ad una cultura della pace. E invece no, a Rocchetta Vara, per far parlare di sé, si trova questa “geniale” idea.
Far vedere ai bambini una vera e propria battuta di caccia. Insegnare come delle creature innocenti possano conoscere il terrore durante l’inseguimento e come alla fine la violenza gratuita dell’uomo possa avere la meglio su un essere indifeso. Da chi questo potrebbe essere considerato educativo? Oltre che dai cacciatori che però sono legittimati dalla tutela di un proprio interesse personale e non rappresentano che l’1% della popolazione, peraltro sempre di più, per fortuna, in forte diminuzione".

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Spero che qualcuno fermi questa idea squallida - conclude Morelli - e priva di ogni fondamento morale etico ed educativo. Noi Verdi, faremo il possibile perché questo barbaro progetto non vada avanti, ricordando che il paragone di prima sulla mafia, era sì eccessivo, ma non privo di fondamento. La mafia infatti per far “abituare” alla violenza e alla crudeltà i suoi affiliati, li faceva e fa, esercitare sugli animali, creature indifese, da uccidere per farsi la mano. Non facciamo sì che la cultura della violenza entri nelle scuole, altrimenti avremo peso tutti una battaglia. Quella della cultura con la C maiuscola con cui invece dovremmo educare i nostri figli.”

giovedì 14 aprile 2011

A rischio le Riserve di Caccia?

Enzo Marslio, già Assessore regionale alla Caccia, evidenzia in una intorrogazione (che potete leggere dal link) un "bug normativo" che si è creato con quanto previsto dal DGR 415. E' una situazione che può diventare molto deleteria per l'attività venatoria. Vedi l'interrogazione dalla sezione normativa di http://www.caccia.fvg.it/

giovedì 17 febbraio 2011

Cacciatore stressato

Ho conseguito  la  licenza  di  caccia  nel  Luglio 2009.
I^ annata di  caccia con  accomapgnatore  in base a legge 6 (Permesso annuale 2009/2010) OK
II^ annata  di  caccia  con  accompagnatore (legge 17/10 aspirante cacciatore in riserva del  comune ove risiedo;  annata venatoria 2010/2011)  OK 
In base alla  normativa  attuale anche  per l'annata venatoria 2011/2012 qualora il  mio status di aspirante
cacciatore non dovesse cambiare (vorrei continuare a cacciare  nella riserve  del  comune ove risiedo) sarei
costretto  per  la  terza annata  consecutiva ad  esercitare l'attività venatoria  con una  persona (cacciatore
esperto che il direttore individua  tra  i  soci  della riserva)che mi accompgana.                                                                          
E'  improbabile  stanti  l'attuale  numero  di  cacciatori soci nella riserva  del  mio  comune, che  con  il  prossimo anno,  possa  entrare  come  socio e quindi  essere  abilitato  alla caccia  senza  la  necessità di  essere accompagnato.
TUTTO  QUESTO  NON  MI  VA PER  NIENTE  BENE PERCHE': 
Se la  legge  e'  uguale  per  tutti, questa dice  che sono sufficienti due  anni  con  accompagnaore  per  i  giovani  cacciatori, non  capisco  perchè io ne debba fare TRE.
Quanto  ho  conseguito  al  licenza   era sufficiente  per legge un  solo  anno  con l'accompagnatore;
e se avessi  saputo  che  per  l'esercizio  venatorio  ne erano  addirittura  necessari  in  alcuni  casi  come  il mio 3, ci  avrei  pensato  un  po'  prima  di  imbarcarmi  in   spese  di  non  poco  conto per  esercitare un hobby  che amo  e  che  desidererei svolgere alla  stessa stregua  di  altri  miei  colleghi cacciatori. 

Spero  di essermi  esaustivamente  spiegato  relativamente alla  mia  condizione di cacciatore  un po' stressato per  la   mancanza  di  rispetto  delle  regole che  devono  essere  uguali  per  tutti.  
Vi  sarei  grato  se  qualcuno  riuscisse a  darmi  un  imput per  la  prossima annata  venatoria affinchè   io  la
possa svolgere  in  maniera  serena  e  senza  condizionamenti.  GRAZIE    

martedì 15 febbraio 2011

Prelievi in deroga per volpe e nutria

Buon Giorno sono un cacciatore della riserva di caccia di Budoia del distretto Pedemontana Pordenonese volevo chiedervi se gentilmente mi potete indicare la legge che regola i prelievi in deroga per volpe e nutria.
Cioè vorrei sapere in particolare, le modalità e chi può esercitare tali prelievi se è tenuto a farli solo nella propria riserva.