martedì 20 settembre 2011

Chiudere la caccia - Un altro autogoal per i cacciatori?

In riferimento alla  lettera pubblicata sul Messaggero Veneto del 13 settembre u.s., apriamo un filo sull'argomento.
(chiediamo al sig. in questione che ci invii la sua lettera inviata al Messaggero -ma perchè non l'ha inviata anche a noi?-  in modo da dare una completa informazione).
La redazione.


Chiedo ospitalità per esprimere alcune considerazioni in merito alla lettera pubblicata il 13 settembre con la quale il sig. Stefano Peressini propone la chiusura della caccia al fagiano per mancanza di nascite autoctone. Una premessa: la caccia è una passione e come tale è una espressione di vita. Sono contrario, per principio, ad impedire l’esercizio di una passione e quindi a limitare la libertà di una persona e sono particolarmente critico nei confronti di quei cacciatori che propongono limiti all’attività venatoria di altri cacciatori solo in base ad una idea o peggio ad un pregiudizio. Ciò detto non posso che concordare con il sig. Peressini sul fatto che tutti, ed in particolare noi cacciatori, dobbiamo perseguire l’obiettivo della tutela della fauna.

Come?  Non certamente con le fantasiose proposte del sig. Peressini che invoca addirittura la costituzione di un “Comitato di censimento”  per ogni riserva di caccia ma semplicemente applicando la legge. Infatti la legge 157/92 che indirizza l’attività delle Regioni in materia di protezione della fauna e di prelievo venatorio, stabilisce che le Regioni stesse si dotino di un Piano faunistico - venatorio per la pianificazione generale del territorio agro – silvo –pastorale finalizzata (per quanto riguarda fagiano e lepre) al conseguimento della densità ottimale, alla sua conservazione ed alla regolamentazione del prelievo venatorio.  L’art. 8 della lr. 6/08 (Programmazione faunistica e esercizio dell’attività venatoria) ha stabilito gli obiettivi, le azioni, le procedure di adozione e di aggiornamento del Piano faunistico regionale. Con delibera n.1264 del26 giugno 2008 la Giunta regionale ha adottato, la proposta di Piano faunistico. Quale la novità più importante  introdotta da questo strumento di pianificazione faunistica e venatoria? La determinazione della produttività faunistica di ogni riserva di caccia attraverso una puntuale lettura del territorio e la individuazione delle aree a diversa vocazione produttiva. Per ogni Riserva di caccia è stata determinata la capacità faunistica di ogni specie cacciabile ed il prelievo sostenibile con l’attività venatoria. Il censimento, attuato dalle Riserve e quindi da tutti i cacciatori della Regione, non è più l’unico strumento per determinare il piano di abbattimento  ma un mezzo per verificare un risultato gestionale. La produttività faunistica di un territorio determina quindi il numero dei cacciatori e i carnieri individuali. Questo importante lavoro, da tutti riconosciuto come il più avanzato documento tecnico – scientifico di gestione venatoria a livello nazionale, è stato predisposto dalla Amministrazione regionale in collaborazione con i Distretti venatori e con le Riserve di caccia. Tutti i cacciatori sono stati chiamati a dare il loro contributo per una corretta lettura del territorio e quindi per la tutela della fauna.  Il punto è che il PFR adottato nel 2008, non è operante perché la Regione non lo ha  mai approvato. I Distretti venatori e le Riserve di caccia non possono inoltre utilizzare un altro fondamentale strumento di gestione previsto dall’art. 13 della l.r. 6/08 (Piano Venatorio Distrettuale-PVD) che attua la programmazione venatoria su ciascun Distretto e Riserva di caccia.  Con questo strumento la Riserva di caccia del sig. Peressini dovrebbe individuare i suoi obiettivi di gestione venatoria e, nel caso in cui una specie cacciabile risultasse numericamente inferiore alla capacità faunistica determinata con il PFR, il prelievo andrebbe rimodulato o addirittura sospeso,  per una o più stagioni venatorie.

Ritengo che solo nell’ambito di  un contesto tecnico – scientifico accettato e condiviso e di una pianificazione venatoria nella quale il cacciatore sia chiamato ad attuare direttamente la tutela della fauna del suo territorio, potremo pretendere che sia lui stesso a ridurre o rinunciare al prelievo.

Al di fuori di questo contesto gestionale, supportato da uno strumento tecnico – scientifico, le nostre posizioni , pur legittime, appariranno sempre improntate da pressappochismo tecnico o partigianeria.

Concludo ricordando che fino a quando noi cacciatori continueremo a comportarci come i famosi polli di Renzo che si beccano mentre vanno incontro al loro destino e fino a quando continueremo a vivere delle nostre beghe di cortile (selezione/tradizionale, pronta caccia/selvaggina naturale ecc.) perderemo di vista il vero obiettivo della nostra azione che dovrebbe essere quello di rafforzare il ruolo pubblico del mondo venatorio nella gestione della fauna.

Invito pertanto il sig. Peressini ad unirsi ai tanti cacciatori e dirigenti venatori della Regione che chiedono alla politica di fare ciò che deve: applicare immediatamente le norme previste  dalla l.r. 6/08 per tutelare, oltre che la fauna, anche il mondo venatorio.

                                                                  Vittorino Dorotea

Direttore della Riserva di caccia di

                                                                          Tolmezzo