mercoledì 22 giugno 2011

Legge Regionale 6 marzo 2008.

Riflessioni di Enzo Marsilio sulle conseguenze di una sua mancata applicazione nella lettera del 20 giugno, indirizzata  a Renzo Tondo, Andrea Garlatti e Daniele Bertuzzi.


Egregio Presidente

            Ad oltre tre anni dalla entrata in vigore della  legge regionale 6 marzo 2008 n. 6 “Disposizioni per la programmazione faunistica e per l’esercizio dell’attività venatoria” che ha riformato la normativa regionale in materia di gestione e di attività venatoria, ritengo utile proporLe una riflessione sul suo stato di attuazione.

E’necessario ricordare preliminarmente che la riforma nasce dalla esperienza maturata in oltre un quinquennio di applicazione della l. r. 30/99 e  che si propone di superare i tanti e pesanti problemi gestionali legati alla  applicazione di questa norma ridefinendo le competenze della Amministrazione regionale e degli altri soggetti chiamati a gestire la complessiva attività faunistico-venatoria nella Regione Friuli Venezia Giulia.

Gli obiettivi  perseguiti dalla  l.r. 6/08  sono riconducibili, essenzialmente, a tre punti:

1-      attribuire alla Regione una competenza decisionale in materia di gestione venatoria al fine di garantire il corretto utilizzo della fauna quale patrimonio pubblico;

2-      semplificare le procedure introdotte dalla l.r. 30/99 rafforzando l’efficacia e l’efficienza della azione amministrativa;

3-      attuare un effettivo trasferimento di competenze  al mondo venatorio sia in materia di gestione che di esercizio venatorio.
           

            Nel merito dei singoli punti:
 

- competenze - alla Regione viene attribuita la competenza attiva nella gestione venatoria attraverso l’adozione del Piano Venatorio Distrettuale, atto di programmazione venatoria che attua, su ciascun Distretto venatorio, gli indirizzi del Piano Faunistico Regionale. Il piano,  proposto dal Distretto venatorio e  adottato dalla Giunta regionale, ha durata quinquennale e individua, tra l’altro, il prelievo di fauna concesso al Distretto stesso e alle Riserve di caccia che lo compongono. Si rafforza così il ruolo delle Riserve di caccia e dei Distretti venatori che  chiamati a proporre ad attuare la gestione venatoria sul loro territorio.

- semplificazione - con il Piano Venatorio Distrettuale si eliminano una massa di atti ripetitivi e spesso inutili imposti dalla vecchia normativa alle Riserve e ai Distretti. Censimenti e piani di abbattimento vengono ricompresi nel Piano Distrettuale pluriennale che contiene anche le parti pubblicistiche del Regolamento della Riserva. Si realizza in tal modo una grande semplificazione di tutto il sistema sgravando i Direttori di Riserva e i Distretti di una pesante serie di incombenze burocratiche e cartacee. Si supera inoltre l’ istituto obsoleto e poco efficace del controllo preventivo sugli atti dei Distretti - inefficace  e spesso inutile controllo preventivo su migliaia di atti adottati dalle Riserve di caccia - con la verifica del risultato di gestione rispetto al solo Piano Venatorio Distrettuale recuperando risorse utili per attività di amministrazione attiva.

- trasferimento di competenze al mondo venatorio - la precedente normativa individuava la Regione quale soggetto deputato ad attuare in via quasi esclusiva tutte le funzioni inerenti l’esercizio o fruizione venatoria. La Regione era il riferimento per tutte le attività che consentivano ad un singolo cacciatore di effettuare un prelievo venatorio nell’ambito della gestione programmata e nel rispetto delle norme statali e regionali. In particolare la Regione era chiamata a svolgere le competenze in materia di gestione delle attività connesse alla iscrizione dei cacciatori nelle Riserve, alla approvazione dei Regolamenti di fruizione venatoria delle Riserve stesse, alla gestione dell’attività disciplinare, alle funzioni sostitutorie nei casi di mancato funzionamento delle Riserve. Si tratta di funzioni non  correlate alla gestione della fauna e quindi alla funzione pubblicistica della sua tutela bensì ad aspetti di natura organizzativa e gestionale del mondo venatorio e delle sue organizzazioni.  La l.r. 6/08  affida  al mondo venatorio, inteso come soggetto che ricomprende tutti i cacciatori della regione, le competenze in materia di esercizio venatorio  tra le quali ricordiamo l’ammissione ed il trasferimento dei cacciatori alle Riserve di caccia e la gestione diretta della attività venatoria

La riforma introdotta con la l.r. 6/08 ha individuato il mondo venatorio, attraverso il sistema associativo storicamente riconosciuto delle Riserve di caccia, quale soggetto, assieme alla Regione,  della gestione del patrimonio pubblico fauna  e gli  ha attribuito le funzioni attinenti alla organizzazione dell’esercizio e della fruizione venatoria  nell’ambito di un quadro di tutela  garantito attivamente dall’Ente pubblico regionale.
 

            Quale lo stato della reale attuazione  della legge di riforma?


Competenze gestionali della Regione: nessuna funzione  di gestione attiva della fauna è stata assunta dalla Regione. E’stata abbandonata la procedura per dotarsi del Piano Faunistico Regionale che nel 2008 aveva visto la sua adozione provvisoria da parte della Giunta regionale. La Regione ha disatteso le norme inerenti l’adozione dei Piani venatori distrettuali omettendo di adottare  gli indirizzi generali e i criteri per la predisposizione del PVD e per l'attuazione dei prelievi di fauna previsti dal medesimo.  Il prelievo venatorio del patrimonio pubblico fauna non viene attuato in regime di gestione programmata, così come stabilito dalla L.157/92, ma in base a indirizzi operativi che non  garantiscono obiettivi faunistici, criteri operativi e limiti.  La Regione stà operando in spregio ai principi stabiliti dalla sovraordinata normativa nazionale e l’Amministrazione regionale disattende  i principi sanciti dall’ordinamento regionale stesso. Può dirmi, signor Presidente,  se la scelta di non approvare la delibera con gli indirizzi e i criteri per la predisposizione dei PVD sia della Giunta regionale o sia una omissione attribuibile agli Uffici regionali.  A chi dovremo chiedere conto di questo voluto spreco di risorse pubbliche?

Semplificazione: il comportamento omissivo della Amministrazione regionale riguardo all’adozione dei PVD viene pagato a caro prezzo dal mondo venatorio e dalla Regione. Servendosi della norma transitoria (comma 11, art. 40) l’Amministrazione costringe le Riserve e i Distretti ad adottare e ratificare Piani di abbattimento e relazioni consuntive che passano alla approvazione della Amministrazione regionale stessa ai sensi della abrogata l.r. 30/99. Oltre all’assurdo giuridico di una norma attiva che volutamente viene disapplicata e di una abrogata che viene artificiosamente tenuta in vita (un raro esempio di accanimento  terapeutico normativo) è a tutti evidente il costo economico di questa situazione.  Centinaia di atti soggetti al controllo dell’Amministrazione regionale con conseguente  impegno di personale e  costi. Come si concilia questa situazione con la politica di rigore e di razionalizzazione della spesa per il personale perseguita (a parole) da Lei, Presidente Tondo, e dal suo Assessore Garlatti?

Trasferimento di competenze al mondo venatorio:  in sede di approvazione della legge 6/2008 avevamo quantificato i vantaggi derivanti alla  Amministrazione regionale dal trasferimento delle competenze inerenti l’esercizio venatorio. Si trattava allora  di 3.714  atti, riferiti a:

decadenze per mancato ritiro tesserino e decadenze per mancato pagamento della quota associativa,  istruttoria domande di assegnazione/trasferimento, decreti approvazione graduatorie,  provvedimenti di assegnazione e trasferimento, invio scadenziari ai Direttori delle Riserve di caccia. A tale attività andavano aggiunti l’aggiornamento della banca dati cacciatori ed i servizi di sportello. Salvo un fisiologico adeguamento dovuto alla diminuzione del numero dei cacciatori regionali queste attività e questi numeri continuano a gravare sulla Amministrazione regionale.

Come si concilia questa inerzia con i principi sostenuti dall’Assessore Garlatti in tema di sussidiarietà e  di reversibilità della spesa  pubblica (riduzione  di spesa fissa per personale) se continuiamo a mantenere in capo alla Amministrazione regionale funzioni non pubbliche e tipiche di un qualsiasi sistema associativo privato?

E’evidente che ci troviamo in presenza di una  riforma tradita e ci chiediamo perché non venga attuata.

L’obiettivo della riforma è quello di attribuire una competenza gestionale al mondo venatorio attraverso la proposta di PVD e la sua attuazione. Il mondo venatorio diventa pertanto un soggetto della pianificazione faunistico – venatoria e della gestione. Sotto il controllo della Regione partecipa pertanto ad una attività pubblica che riguarda la tutela e la gestione del patrimonio faunistico. Un salto di qualità importante che, nel principio costituzionale della sussidiarietà, chiama il privato a partecipare alla attività pubblica. Il cacciatore non è più solo colui che preleva la fauna in base alle regole stabilite dall’Ente pubblico ma colui che, con la Regione, pianifica la risorsa faunistica e la gestisce (anche con il prelievo) per raggiungere determinati obiettivi.  Una crescita di responsabilità che passa indubbiamente attraverso una crescita culturale del mondo venatorio legata al principio: competenza/responsabilità.



            Chi è il vero nemico di questa riforma?



E’ quella parte del mondo venatorio che si ritiene elitaria ed è solo e sicuramente minoritaria che, partendo dal presupposto che i cacciatori (esclusi loro) sono incapaci di gestire e pertanto vanno solo guidati e controllati, pretendono, attraverso l’interventismo pubblico, di gestire l’attività venatoria in Regione.

Questo gruppo di cacciatori che, con la l.r. 30/99 ha contribuito a svuotare il mondo venatorio delle competenze che una politica illuminata gli aveva già attribuito con la l.r. 13/69,  tenta oggi di bloccare l’applicazione della l.r. 6/08 attraverso la complicità di una politica conservatrice e compiacente imposta da un partito di maggioranza.

Questa parte del mondo venatorio, con la complicità di un ambientalismo miope, non ha esitato a sacrificare situazioni acquisite e consolidate (vedasi Zona Faunistica delle Alpi) pur di impedire che l’intero mondo venatorio della Regione, attraverso un percorso di compiuta democrazia elettiva, acquisisse titolo e ruolo per gestire in via esclusiva tutte le competenze in materia di esercizio venatorio che l’art. 20 della l.r. 6/08 gli ha attribuito. 

Si tratta tuttavia di  un incidente di percorso, derivato anche dalla difficoltà di far comprendere le ragioni della norma,  che non inficia però la valenza dell’obiettivo e la validità del progetto.  Va solo individuato un meccanismo che contemperando la situazione storica dell’associazionismo venatorio regionale, persegua l’obiettivo di affidare al mondo venatorio le funzioni tipiche dell’associazionismo stesso e attraverso la verifica della compatibilità con le norme nazionali di indirizzo in materia di tutela della fauna e prelievo venatorio consenta un percorso normativo senza rischi di legittimità costituzionale.

Sono convinto che Lei non conosca i rischi ed i costi che la mancata applicazione della L.R. 6/08 comporti, ma credo, e mi auguro, si attivi per farsi fare un quadro reale della situazione.

            Nel restare a Sua disposizione per qualsiasi chiarimento ulteriore porgo i migliori saluti.

                                                                                  Enzo Marsilio